IL GHETTO
Nel 1571 il granduca di Toscana, Cosimo I, visti «i molti buon effetti» derivati dalla emanazione dell’editto di reclusione dei cittadini ebrei residenti a Firenze, estende tali provvedimenti anche allo Stato senese, dove gli ebrei erano presenti sin dal XII secolo. Dalla seconda metà del Cinquecento gli ebrei sono dunque costretti a vivere nel cosiddetto Ghetto, che comprende i vicoli delle Scotte, del Luparello, della Manna, degli Archi, della Fortuna, un tempo detto appunto stradello del Ghetto. Un rione di case povere e a basso costo perché abitate da meretrici e da persone di bassa mano: una ulteriore umiliazione che va ad aggiungersi alle pesanti restrizioni che il governo impone agli Ebrei. Nel 1799, con l’ingresso in Siena dell’esercito francese, i cancelli del Ghetto vengono divelti, ma solo nel 1859 vengono riconosciuti diritti civili e politici agli ebrei. Al centro del Ghetto, al termine del breve vicolo degli Archi, si trova la Sinagoga, opera dell’architetto vanvitelliano Giuseppe Del Rosso, che la edificò nel 1756. Di fronte ad essa l’antica fonte, un tempo ornata da una statua raffigurante Mosè nell’atto di additare una sorgente. La scultura, attribuita a Jacopo della Quercia, venne rimossa nel 1785 e collocata nel Museo dell’Opera del duomo e poi nel Museo Civico.