SIMBOLI DI APPARTENENZA

Appartenenza significa avere consapevolezza della propria identità, delle proprie radici e della propria storia. Significa sentirsi parte di un gruppo, condividendo con gli altri valori, comportamenti, momenti di vita: è quindi alla base dell’essere contradaioli. Molteplici sono i simboli che mostrano l’appartenenza alla Contrada, accompagnando e unendo le diverse generazioni: dal fazzoletto alla bandiera, dalla montura ai diversi oggetti utilizzati per il Palio, tutti riconoscibili per il colore e lo stemma della Contrada. Il colore della Contrada della Torre è il rosso cremisi con liste bianche e blu.

Lo stemma – in base alla concessione del Ministero della Real Casa datata 9 febbraio 1889 – riporta su campo d’oro un elefante coronato all’antica, fermo sulle quattro zampe, con gualdrappa rossa divisa da una croce bianca, che sostiene sul dorso una torre cimata con un pennoncello rosso crociato di bianco. Dal punto di vista araldico l’elefante sta a significare la forza, la potenza e la stabilità; valori simili sono riconducibili anche all’altro elemento della stemma, la torre. La Torre si fregia inoltre delle insegne delle Compagnie militari di Salicotto di sopra, Salicotto di sotto, San Giusto, Rialto e Cartagine, oltre che della Spadaforte in ricordo dell’omonima Compagnia della quale ha acquisito parte del territorio.

Il motto della Contrada della Torre è
Oltre la forza, la potenza

STEMMA

Lo stemma più antico documentato ed esistente in Contrada è quello presente sulla prima campana dell’oratorio di San Giacomo. La campana, firmata Antonio da Siena, venne realizzata dalla fusione degli affusti di cannone conquistati nel 1526 ai fiorentini ed è oggi conservata nel museo della Torre.
Nella scelta di tale simbolo – elefante e poi torre – hanno certamente avuto un ruolo importante il fattore territoriale (nel territorio della Contrada si trovano la torre del Mangia e la via di Cartagine, che rinvia alla memoria classica dell’elefante da guerra portato nella nostra penisola da Pirro e da Annibale), il legame della simbologia dell’elefante all’iconografia di San Giacomo apostolo, protettore della Contrada, e forse la presenza nel rione – ricordata dal Macchi – di un “forastiero con uno elefante” e la notizia di pachidermi giunti nel nostro Paese come dono a principi o pontefici.
Nel 1514 un giovane elefante con una torre d’argento sul dorso fu inviato dal re del Portogallo a papa Leone X. L’elefante fu ritratto da Sigismondo Tizio, autore delle Historiarum Senensium, con il suo castelletto sul dorso: un elemento non di poco conto nel processo di definizione dell’emblema della Contrada.

Datata 1673 è la tabella di possesso in maiolica invetriata ancora oggi visibile nel rione, dove l’elefante è rappresentato dinanzi a una torre merlata.
Alla seconda metà del Seicento risalgono anche gli affreschi di Giuseppe Nicola Nasini nell’antiporto di Camollia, che rappresentano gli emblemi delle 17 Contrade. Il Nasini ritrae un elefante dal vero, quasi schiacciato dal peso di una poderosa torre che regge su dorso: una raffigurazione simbolica del cambiamento di nome della Contrada, che da Lionfante è ormai divenuta Torre. Nei primi decenni del Settecento Giuseppe Maria Torrenti realizza alcuni acquerelli che illustrano la relazione sull’ingresso in Siena di Violante Beatrice di Baviera, avvenuto il 12 aprile 1717.
Lo stemma della Contrada della Torre è particolarmente interessante in quanto l’elefante è rappresentato, per l’unica volta nella storia, visto di fronte e con espressione aggressiva. L’Ottocento vede, oltre alle incisioni acquerellate di Flaminio Rossi e Antonio Hercolani, la formalizzazione dello stemma della Contrada attraverso la cosiddetta concessione araldica della Real Casa.
Tra le rappresentazioni novecentesche, tutte molto vicine all’emblema concesso dalla Consulta araldica del Regno, si fanno notare gli esempi di Icilio Federico Joni e Duilio Cambellotti.

Nel 1928 Icilio Federico Joni, nel realizzare i pannelli per il nuovo carroccio, dipinge le Contrade attraverso figure femminili allegoriche. La Torre appare come una matrona, dalla testa turrita, che regge tra le mani una parma con l’emblema della Contrada: un elefante (rivolto stranamente verso destra) con torre sul dorso, gualdrappa e pennoncello sabaudi. Negli stessi anni Duilio Cambellotti illustra il volume di Piero Misciattelli Il Palio di Siena (1932).
I suoi disegni rivelano una visione particolare delle Contrade senesi e dei vari momenti della Festa che ha in sé la stilizzazione di una certa arte illustrativa di area germanica, influenzata dalle avanguardie di quegli anni. Interessante lo studio che Cambellotti realizza sugli emblemi delle Compagnie militari e l’attenzione che mostra per gli elementi architettonici del rione.

Proprio in merito alle Compagnie militari, vale ricordare gli stemmi di quelle che appartengono alla Torre. Salicotto di sopra presenta un’insegna in campo rosso attraversata in orizzontale da una lista azzurra con gigli dorati; Salicotto di sotto un’insegna in campo rosso attraversata in orizzontale da una lista azzurra con tre rocchi bianchi. L’insegna di San Giusto è in campo rosso attraversata in orizzontale da due liste a onde bianche e rosse, nella parte superiore riporta l’effigie di San Giusto vescovo. Rialto e Cartagine hanno l’insegna in campo bianco con un leone rosso attraversata in diagonale da una lista azzurra con gigli dorati. Spadaforte ha l’insegna in campo rosso con una scala bianca a pezze nere, che si alternano al bianco, e due spade ai lati.

INNO

L’inno della Contrada della Torre nasce dal cuore di due grandi Torraioli, Alvaro Daviddi e Mario Petreni.
Quando nel 1965, su iniziativa di Silvio Gigli, fu chiesto alle 17 Contrade di presentare un proprio inno Alvaro Daviddi compose la musica e Mario Petreni scrisse le parole.
Nel corso di una indimenticabile serata-concorso al teatro dei Rinnovati, il 26 giugno 1965, i diciassette inni furono eseguiti dall’Unione bandistica senese e cantati dall’Unione corale senese.

Siena accesa di vita risplende,
brilla il Campo di mille colori,
già nel cuore la fede s’accende:
corri e vinci, Torre, Torre!

Fate largo che passa la Torre,
tutta Siena (le strade, i palazzi
fanno ala alla folla che corre)
la bella vittoria festeggerà.

A te va la gloria,
con te la vittoria,
perché solo tu
sai l’onor conquistar.

Beltà nel vessillo
che in ciel sventolerà:
sarà, sarà la Torre
che trionferà

Sei del cielo di Siena la stella
scintillante di luce vermiglia,
sei del Palio la figlia più bella,
corri e vinci, Torre, Torre!

Lanceremo con balda possanza
sempre in alto la nostra bandiera,
un augurio, una grande speranza:
la bella vittoria ci bacerà.

A te va la gloria,
con te la vittoria,
perché solo tu
sai l’onor conquistar.

Beltà nel vessillo
che in ciel sventolerà:
sarà, sarà la Torre
che trionferà.

FAZZOLETTO

Da sempre noi senesi ci portiamo addosso i colori della nostra Contrada.
Nei secoli passati erano piccoli pezzi di stoffa colorata, portati al collo o ai fianchi, in seguito sostituiti da nastrini e poi da coccarde.
Nel Novecento si diffonde l’uso del fazzoletto, che diviene il simbolo dell’appartenenza contradaiola: in esso sono infatti rappresentati i colori e i simboli della Contrada. La Contrada della Torre ha rinnovato il proprio fazzoletto nel 2003, presentando un disegno dell’artista torraiola Laura Brocchi.
Il precedente fazzoletto risale al 1989, opera di un altro artista torraiolo, Mauro Berrettini.
Vittorio Zani, torraiolo e artista indimenticato, ha invece realizzato nel 1966 il primo fazzoletto stampato a grande diffusione. Se questi fazzoletti, che tutti conosciamo e amiamo, ci hanno accompagnato in questi ultimi quattro decenni, la storia del fazzoletto torraiolo è assai più lunga. Il primo fazzoletto torraiolo stampato di cui abbiamo notizia è della fine degli anni Venti. Il disegno è di un giovane Vittorio Zani.
Un discorso diverso va fatto per il fazzoletto cucito e dipinto a mano. Già dagli anni Quaranta ma ancor più negli anni Cinquanta si diffonde la moda del fazzoletto ricamato dalle bandieraie, in taffettà di seta, che per i costi elevati resta per molto tempo privilegio di pochi.
In seguito alla vittoria del 1961 si assiste però nella Torre a una discreta diffusione di tali fazzoletti. L’uso di far realizzare fazzoletti ricamati a mano si afferma in maniera ancor più diffusa negli anni Novanta, grazie anche all’istituzione in Contrada della scuola di bandieraie.

BANDIERA

La Torre inalbera dalla fine del Seicento una bandiera color rosso vinato con liste bianche e celesti. Precedentemente l’insegna della Contrada era divisa di rosso e di giallo. La bandiera è da sempre ritenuta un bene patrimoniale da conservare con la massima cura, sia per il valore simbolico che per quello economico, tanto che in passato la sua tenuta era affidata al camerlengo. Nonostante i costi elevati, la Torre contava già nell’inventario del 1885 “12 bandiere di seta tutte in buono stato”. Nel 1957, grazie all’impegno dell’economo Alfio Andreini, è stato raggiunto il traguardo delle cento bandiere, tutte di seta.

Vi è quindi nella Torre una grande tradizione legata alle bandiere, che vengono confezionate dalle donne e dipinte da artisti contradaioli. La Contrada realizza ogni anno una coppia di nuove bandiere – su disegno ricavato da antichi bozzetti o proposto da contradaioli in occasione del concorso tenutosi nel 2010 – che vengono presentate in occasione delle feste cateriniane o della festa titolare. Nel percorso museale sono inserite alcune bandiere antiche, tra le quali una del 1919 con lo stemma della città di Trieste: con questa bandiera la Contrada ha voluto infatti celebrare la liberazione di Trieste e la sua annessione all’Italia.

TAMBURO

La Contrada possiede molti tamburi, alcuni dei quali rappresentano vere e proprie opere d’arte, che i Torraioli suonano ricreando quella speciale colonna sonora che accompagna i momenti salienti della vita contradaiola. Tra i più nuovi figurano quelli dipinti da alcuni artisti torraioli, tra i quali Vita Di Benedetto, che ha realizzato il tamburo per il rinnovo del 2000, Laura Brocchi, Tommaso Andreini, Lorenzo Monciatti, Andrea Guadagno.

Particolarmente preziosi i tamburi antichi che la Contrada conserva nel proprio museo. Tra questi un tamburo del 1870, realizzato da Celso Casini e dipinto dal pittore senese Potenti. È da ricordare che i tamburi, che scandiscono il ritmo della Festa senese, sono stati inseriti nel corteo storico solo sul finire dell’Ottocento, quando in occasione del rinnovo dei costumi del 1879 venne definito un primo assetto delle comparse. I tamburini andarono a sostituire i trombetti di Palazzo che fino ad allora avevano accompagnato le Contrade che sfilavano sul tufo.

MONTURA

Il termine ‘montura’ che a Siena utilizziamo in luogo di ‘costume’ deriva dal francese monter nel senso di ‘addobbare’, ‘equipaggiare’. Altri studiosi fanno derivare il termine dal latino munitura (da munitus, participio passato di munire, che significa “armato”). In ogni caso, ‘montura’ sta a significare l’atto della vestizione del cavaliere che va in guerra.
Le monture di Piazza, rinnovate nel 2000, sono state disegnate da Piero Tosi e confezionate dalla sartoria teatrale Tirelli di Roma. I finimenti e la bardatura del soprallasso sono state realizzate da Melanie Measures su bozzetto di Laura Brocchi, autrice anche della parti in metallo sbalzato.
Le monture del giro o di rappresentanza, rinnovate nel 2008, sono state disegnate da Laura Brocchi e realizzate da sartorie senesi.
Nel proprio museo la Torre conserva una delle più antiche monture ancora presenti a Siena, quella del secondo alfiere del 1839, nonché cinque esemplari – degli otto rimasti tra tutte le Contrade – delle monture di foggia militare, dette ‘alla piemontese’, in tutto simili alle divise degli eserciti della metà dell’Ottocento. Conserva inoltre le comparse complete dei rinnovi del 1878/1879, 1904, 1928, 1955, 1981.

GIUBBETTO

Ripercorrendo la storia del Palio possiamo affermare che il vestiario del fantino della Contrada della Torre non ha subito nei secoli grandi cambiamenti.
Già nel 1694 il fantino veste «casacca rossa, arme sulla spalla e calzoni simili».
Circa cinquanta anni dopo, nel 1749, viene così descritto nei documenti conservati nell’Archivio storico del Comune di Siena: il fantino ha «livrea di color focato, con Elefante, che sostiene una Torre, nelle spalle».
E nel 1770: «fantino con livrea ponzò (rosso ponzò è il rosso cardinale), tutta del medesimo colore, con nastri ponzò e bianchi e arme sulle spalle».
Infine, negli anni Trenta dell’Ottocento l’Amministrazione comunale, volendo regolamentare il corteo delle comparse, fa raffigurare su una tavoletta il “Campione del vestiario dei fantini”. La Torre vi compare con fantino «tutto rosso scarlatto, ma con i polsi delle maniche, il punto vita del giubbetto e l’orlo dei pantaloni segnati con bordi di colore azzurro e bianco; anche lo zucchino ha sulla sommità e sul bordo pochi tocchi di azzurro e di bianco».

ZUCCHINO

I senesi chiamano ‘zucchino’ l’elmetto con i colori della Contrada di cui sono dotati i fantini per proteggersi dalle cadute e dalle nerbate inferte dagli avversari.
Quando nel XVII secolo si comincia a correre il Palio alla tonda nasce l’esigenza di fornire i fantini di una protezione dai danni che potrebbero riportare cadendo da cavallo. Con un probabile riferimento alla ‘zucca’ (testa) questi copricapo sono definiti zucchini.
Per secoli sono stati realizzati in metallo nelle antiche botteghe artigiane di Siena. È poco noto che gli zucchini avevano forma diversa a seconda delle Contrade: la bottega Brocchi conserva ancora le forme per realizzarli secondo la più antica tradizione.
La Torre espone nel proprio museo uno zucchino ottocentesco in ferro e alcuni in alluminio, oltre a quello indossato nella carriera vittoriosa del 2005.
Oggi gli zucchini sono realizzati in vetroresina e dipinti con i colori e i simboli delle Contrade.

SPENNACCHIERA

L’articolo 57 del Regolamento del Palio di Siena prevede che “tanto per le prove come per il Palio, i cavalli debbano correre provvisti della briglia con pennacchiera portante i colori della Contrada alla quale vennero rispettivamente assegnati in sorte”.
La pennacchiera – o spennacchiera, come i senesi la chiamano – è dunque l’evoluzione di un pennacchio che in passato veniva applicato sulla testiera del cavallo. Realizzata in pelle o tessuto, ha i colori della Contrada e permette l’immediata identificazione del cavallo.
Le cronache raccontano che già nel 1697 il cavallo della Torre ha briglie e penna rossa in testa. Alcuni documenti conservati nell’Archivio storico del Comune di Siena attestano che nel 1749 il cavallo ha «penne, testiera e rosa di color focato con tremolanti e specchio in mezzo», e, nel 1770, «spennacchiera ponzò (rosso cardinale)».

GUALDRAPPA

La gualdrappa è un ornamento tessile che viene posto sulla groppa del barbero durante il corteo storico che precede il Palio.La Contrada della Torre conserva nel proprio museo tutte le gualdrappe a iniziare da quella del rinnovo del 1879, che ha “prestato” i suoi stemmi a quella del 1928.
Di particolare interesse una gualdrappa antica, realizzata all’inizio del XIX secolo riutilizzando un tessuto settecentesco da chiesa.

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